domenica 8 maggio 2016

Edward Munch


Edvard Munch nacque a Loten,in Norvegia, il 12 dicembre 1863.Edvard era il secondo di cinque figli: Johanne Sophie, la sorella maggiore con la quale instaurerà un rapporto di grandissimo affetto,Peter Andreas, Laura Catherine e Inger Marie.Suoi parenti erano anche il pittore Jacob Munch e lo storico Peter Andreas Munch, fratello del padre.
La famiglia si trasferì a Christiani (l'odierna Oslo) nel 1864, quando Christian Munch venne impiegato come medico presso la fortezza di Akershus. Sin dalla fanciullezza,Edvard fu provato da una serie interminabile di disgrazie familiari: la madre morì di tubercolosi nel 1868, seguita da Johanne Sophie nel 1877, che spirò stroncata dalla stessa malattia. A curarsi del giovane Munch, dopo la morte della madre, vi erano il padre e la zia Karen; fu in questo periodo che il giovinetto iniziò ad interessarsi all'arte, disegnando per tenersi occupato nei momenti di stasi una dei suoi dipinti più importanti è L’urlo. Muore anche il padre.Egli nella pittura trova un mezzo efficace per esprimere la sua angoscia e le sue domande nei confronti del dolore e dei drammi dell’esistenza,anche la natura è partecipe delle angosce umane.

  L’URLO(1893)

Il messaggio che Munch ci ha voluto dare emerge già nel nome della tela: L'urlo. Il protagonista della scena è, proprio l'uomo urlante, nel quale Munch infonde tutto il suo crudo stile pittorico. Il suo grido, lancinante ed unico nel trasferire angoscia allo spettatore, sembra con la sua sonorità deformare l'innaturale paesaggio, composto da un cielo striato da venature color rosso sangue e da un mare nero ed oleoso. Oltre al personaggio al centro, vi sono le sagome di due uomini sullo sfondo, che sembrano ignorare completamente quel lancinante grido di disperazione: anche la loro collocazione, posta ai margini della tela, suggerisce questa loro sordità ed impassibilità di fronte all'angoscia del pittore, che così ha deciso di tradurre in immagini la falsità dei rapporti umani.
L'urlo di quest'opera, insomma, è un'esplosione di energia psichica di inaudita potenza, che rende la tela una metafora della morte che spazza via, travolge, il senso della vita: proprio come fa questo grido sordo, un modo di guardare dentro di sé, ritrovandovi solo sofferenza.



Lavinia Roncacci 3^c

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