Hopper
nacque il 22 luglio del 1882 a Nyack,
piccola cittadina sul fiume Hudson,
nel sud-est dello stato
di New York.
I suoi genitori, Garret Henry ed Elisabeth Griffiths Smith, erano
titolari di un negozio di tessuti e provenivano dalla
piccola borghesia angloamericana.
Già dall'età di cinque anni Edward Hopper dimostrava una spiccata
abilità nel disegno. I suoi genitori, scoperta questa dote, lo
incoraggiarono facendogli leggere riviste e libri sull'arte.
Nel 1895 dipinse
il suo primo quadro dove
mostrava particolare interesse verso le navi e tutto ciò che è
legato ad esse. Nel 1899 si
iscrisse a un corso per corrispondenza presso la New
York School of Illustrating.
Hopper
utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli
degli impressionisti che
aveva visto dal vero a Parigi, ma di fatto il suo stile fu
personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi. La sua
evocativa vocazione artistica si rivolgeva sempre più verso un forte
realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata
con il sentimento struggente e poetico che
Hopper percepiva nei suoi soggetti. Diceva: "non dipingo quello
che vedo, ma quello che provo".
La
pittura di Hopper predilige architetture nel paesaggio, strade di
città, interni di case, di uffici, di teatri e di locali. Le
immagini hanno colori brillanti ma non trasmettono vivacità, gli
spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa di metafisico che comunica
allo spettatore un forte senso di inquietudine. Non a caso André
Breton,
nel suo esilio a New York, lo accostava a Giorgio
de Chirico in
un'intervista pubblicata su View nel 1941.
La composizione dei quadri è talora geometrizzante, sofisticato il
gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente "artificiali",
sintetici i dettagli. La scena è spesso deserta, immersa nel
silenzio; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è
più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e
incomunicabilità tra i soggetti. La direzione dei loro sguardi o i
loro atteggiamenti spesso "escono dal confine del quadro",
nel senso che si rivolgono a qualcosa che lo spettatore non vede. Di
lui è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio".
Particolare
spazio nelle sue opere trovano le figure femminili. Cariche di
significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo
perduto nel vuoto o nella lettura trasmettono solitudine, attesa, inaccessibilità. Una
dimensione psicoanalitica che ha permesso di interpretare meglio le
emozioni dell'artista.
Automat, (Tavola calda), 1927,
olio su tela, 71.4 cm × 91.4 cm,
Des Moines Art Center
Permanent Collection,
Des Moines, Iowa, USA.
Camilla Roncacci
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